La polizia insegue, qualcuno scappa…

…si sà, guardie e ladri, un grande classico, quasi come le baruffe di Peppone e Don Camillo, e non altisonanti e casarecci come i film di Tomas Milan: se la polizia insegue, evidentemente qualcuno scappa.

Piantedosi interviene e ribadisce il suo pensiero

la polizia insegue qualcuno scappa Difesa Magazine

Il Ministro Piantedosi interviene, con un’intervista, e ricorda i profili di obbligatorietà nel fermarsi ai posti di controllo delle forze di polizia.

Il politico, sul messaggero e su quotidiano nazionale, continua e richiama l’attenzione anche sulla violenza palesata da frange estreme durante le manifestazioni. In questa occasione viene richiamato l’ovvio, ma è evidente che rischia di non esserlo: l’aggressività viene monitorata dalle autorità, anche in funzione del mutato quadro internazionale (si pensi al conflitto arabo-israeliano), ed evoluzione indagine sulla morte di Ramy, a Milano, ma la violenza agita conto le forze di polizia squalifica , in origine, qualunque battaglia che quelle stesse manifestazioni portano avanti.

L’inciso (ecco perché il richiamo all’ovvio, che a volte non appare tale) che si può desumere è: la violenza che porta ad altra violenza non pacifica alcun animo, anzi, rinvigorisce uno scontro fine a sé stesso, senza risultati apprezzabili, specie in una democrazia.

Nei giorni scorsi la cronaca ha riportato a più riprese sul territorio nazionale, episodi di elusione all’alt delle forze di Polizia, da Soverato, conclusosi con arresto e sequestro stupefacente, a Ragusa, dove due ragazzi sono finiti in ospedale perché hanno messo a repentaglio la propria incolumità volutamente, venendo travolti da una terza auto che sopraggiungere, infine, Lecce.

La Procura sul caso Ramy: nessun protocollo violato dai Carabinieri

Il dibattito sugli inseguimenti sono tornati fortemente in auge anche in funzione di esternazioni a metà tra il tecnico e il politico.

matone bacchetta gabrielli e Difesa Magazine

Matone e Gabrielli

Tra queste sicuramente quelle del Prefetto Gabrielli, già capo della polizia, ma anche già capo della protezione civile, già funzionario dei servizi d’intelligence e ora consigliere per la sicurezza del Comune di Milano.

Nella fattispecie, veniva criticato l’operato dei carabinieri nel caso Ramy, limitatamente alla fase dell’inseguimento, per difetto di proporzionalità.

Seguono critiche politiche (Matone, Capezzone), analisi tecniche (Burgio, Paternò), e domande sulle eventuali disposizioni date dallo stesso Gabrielli al comparto quando lo dirigeva, unitamente, tornando a oggi, alla reale sicurezza di Milano, alla luce delle varie molestie – a sfondo sensuale – registrati a capodanno.

Ora le agenzie riportano un nuovo tassello, in attesa dell’esito peritale sulla dinamica dello schianto, circa l’assenza di un protocollo e la sola “sudditanza” delle forze di polizia all’art. 55 CPP., dai l’inseguimento stesso discende.

Prescindendo dalle parole di Gabrielli, o di altri commentatori che, all’esito del decesso di Ramy, pontificavano sulla mancanza di necessità di inseguire perché erano ragazzi (no, mica esistono baby gan, ma neanche scippatori minori e under 20enni), perché si poteva rilevare la targa (mica esistono le targhe clonate, e poi mica il TMax non poteva appartenere a terzo che avrebbe potuto sporgere querela per furto, dopo), il reale problema è la manca di trasparenza iniziale.

Qualcosa, questo si, che accumuna (anche a livello temporale) questo caso a quello di Rimini, il dare addosso subito alle uniformi, a prescindere, e, di conseguenza, quelle stesse uniformi per difendersi, producono atti a gocce intermittenti, come avvenuto per il filmato delle bodycam in cui sono gli stessi militari a soccorrere i due ragazzi, a contattare il 118 e quindi a riprendere che Fares (guidatore TMax e amico di Ramy) era cosciente e reattivo alle domande poste.