La fazione dei Bidognetti del clan dei Casalesi sarebbe ancora organizzata su vincoli di sangue e guidata dai familiari più stretti dello storico capo clan Francesco Bidognetti, da tempo detenuto in regime di 41 bis. E’ quanto ricostruito dalle indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli sul clan dei Casalesi, fazioni Schiavone e Bidognetti, culminate oggi nell’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari nei confronti di 37 persone, tra le quali alcune considerate elementi di spicco delle due fazioni. La fazione Bidognetti, secondo quanto emerso dalle indagini, sarebbe stata gestita da uno dei figli, il quale, sebbene detenuto, avrebbe utilizzato telefoni cellulari illegalmente introdotti in carcere, e trovati con l’ausilio di personale del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, impartendo ordini e direttive funzionali alla direzione della fazione e a promuovere le attività illegali eseguite da affiliati liberi. Tra queste spicca il progetto dell’omicidio di un noto affiliato, allo scopo di ridimensionarne l’ascesa criminale all’interno del clan. Altre due figlie dello storico capoclan avrebbero invece continuato a percepire stabilmente somme di denaro provento delle diverse attività delittuose. Il clan dei Casalesi fazione Bidognetti eserciterebbe inoltre il controllo delle attività delle agenzie di onoranze funebri dell’agro aversano, in virtù di accordi criminali stretti già negli anni ’80, attraverso un “consorzio di imprese”, che è stato sottoposto a sequestro, e condurrebbe attività usuraie con la cessione di somme di denaro in favore di imprenditori e cittadini, che, sebbene in condizioni di forte difficoltà economica, si sarebbero visti applicare tassi d’interesse finanche del 240%. Il clan infine avrebbe avuto la disponibilità di armi attraverso le quali avrebbe espresso la propria forza intimidatrice per assicurarsi il controllo del territorio.