Diciamo pure che Carlo Chiariglione si è immolato, almeno per quel che concerne la giurisprudenza militare, in termini di diritti, per tutti coloro che vogliano dire la loro nella veste di “sindacalista in armi”. A rimetterci, almeno economicamente, questa volta sono le casse dell’Esercito o meglio, dello Stato attraverso i soldi dei contribuenti. Al maresciallo alpino, infatti, spettano tutti gli arrestati più le spese legali affrontate. Resterà, poi, da valutare ulteriori danni morali in un altro procedimento che vedrà, eventualmente, coinvolte le parti interessate.
Estratto da Il Fatto Quotidiano
Il Consiglio di Stato ha dato ragione a Carlo Chiariglione […]
Era stato degradato e poi congedato nell’ottobre 2021 per una lettera al Presidente della Repubblica in cui denunciava l’alto numero di suicidi nelle Forze armate e nelle Forze di polizia, denunciando una relazione con presunti “comportamenti vessatori di alcuni comandanti”. Ora, però, dovranno reintegrarlo e pagargli gli arretrati.
È un’ottima notizia per tutti coloro che si occupano di rappresentanza militare e sindacale […]
La magistratura militare e ordinaria hanno già escluso, con precedenti sentenze, i reati di diffamazione o vilipendio per altri casi in cui, sempre il maresciallo alpino, era stato denunciato dai superiori. Il TAR del Piemonte, 8 mesi fa, ha pienamente riconosciuto la libertà di espressione di Chiariglione […]
Il Consiglio di Stato, ora, conferma l’azione del TAR lasciando però spazio a eventuali sanzioni disciplinari “non espulsive”. L’Esercito Italiano deciderà se chiudere il caso o insistere […]