Se Salvini e molti esponenti di destra, ma anche di sinistra come Marco Rizzo, si sono schierati col generale Vannacci, così non è stato per altri che hanno sostenuto il ministro Guido Crosetto, non ultimo il vice presidente della Camera Giorgio Mulè. La notizia di ieri della telefonata di Matteo Salvini ha decretato che la “questione Vannacci” non è più solo un affare militare ma è diventata una vera e propria questione politica, sicuramente la più importante, dal punto di vista ideologico, di questa estate.
“Non dirò nulla sul contenuto della comunicazione con Salvini, ma mi ha fatto piacere sicuramente. Come fa piacere ogni volta che qualcuno mostra interesse per un servitore dello Stato e per come può sentirsi”. Così, parlando al Corriere della Sera, il generale Roberto Vannacci. “Non sono un mostro, né un orco” ha aggiunto.
Passi indietro? “Neanche uno. Fintanto che non offendo e non ledo la dignità di qualcuno ho diritto ad esprimere la mia opinione. Se dico che una persona non mi piace non è un’offesa. Rivendico il diritto di criticare, purché rimanga nel perimetro delle cose non perseguibili per legge. Per questo credo che la legge Zan sull’omotransfobia avrebbe aperto una strada ai limiti dei delitti d’opinione. Le mie idee intercettano quelle di una grande moltitudine di persone. Non mi ergo a paladino della maggioranza degli italiani, ma le mie argomentazioni evidentemente trovano una certa rispondenza”.
Non sarebbe stato più opportuno astenersi dall’esprimerle? “Nella mia vita sono abituato a occupare tutto lo spazio consentito dalle normative. E non ho leso la dignità delle Forze armate”.
Lo Stato maggiore, che ha preso le distanze, “arriva secondo, io ho preso le distanze per primo, quando nella nota d’autore del libro ho spiegato che le mie erano opinioni personali e che non rappresentavano il punto di vista delle Forze armate. Per questo considero le parole dello Stato maggiore pleonastiche e ridondanti”.
Rispetto all’obbedienza gerarchica al ministro Crosetto, “confermo al 100%”.