Le forze di Assad si dileguano sul territorio, i ribelli riescono a espandere la propria influenza, ma la diplomazia cosa fa?
La diplomazia preme su Assad
L’evoluzione della guerra civile siriana vuole, oggi, una posizione di vantaggio in favore delle forze ostili al regime di Bashar Al Assad, siano esse filo turche, irachene o islamiche.
Eh si, la galassia ribelle è un ecosistema davvero composito, al punto che anche gli sponsor cominciano a temerlo.
Aleppo è già alle spalle, conquistata nei giorni scorsi, a seguire è caduta Hama, la direzione dei combattenti ribelli è Homs, dove sono gia entrati e combattono contro le poche forze lealiste, quindi, seguirà Damasco? Probabilmente…
La Russia, nel frattempo, invita ad abbandonare la Siria: i connazionali possono lasciare il territorio, oramai reso instabile, utilizzando i vettori commerciali che ancora gravitano sugli aeroporti nazionali.
Intanto, le forse russe presenti provvedono a movimentare armamenti pesanti verso Tartus, ma sembra più per la sicurezza dei propri bastimenti che non per un reale supporto a Damasco.
Perché si, la Siria di questi giorni è sempre più una sorta di Afghanistan anni ’90: un vero crogiolo di interessi strategici e geopolitici, ma la paura è quella della creazione di un nuovo califfato, stile ISIS.
Gli umori dei conflitti in Ucraina e della vicina Gaza sono molto presenti, andando a comporre un puzzle ancora più complesso.
Andando per ordine, però…
Abu Mohammad al Jolani, leader de HTS, afferma che vuole rovesciare il regime di Assad, quindi si, l’obiettivo è arrivare a Damasco.
Il Governo siriano punta sul supporto russo, che, già nei giorni scorsi bombardava la regione di Idib e, talune fonti, riportavano la notizia della morte di Jolani sotto uno dei raid aerei. Notizia di fatto smentita dalla stessa presenza di Jolani ad Aleppo, con video che lo riprendevano entrando trionfante nei giorni della resa di questa città.
La pressione aumenta su Homs e la capitale vi dista meno di 200 km.
Ma, tutt’intorno?
l’Iraq teme infiltrazioni, specie attraverso il valico di Al Qaim, è quindi potenzia la vigilanza alla frontiera.
Come non comprendere i timori di Baghdad? Sul suo territorio vi sono milizie legate all’Iran che hanno combattuto in passato in Siria, in favore di Assad, e che potrebbero essere oggi una stampella di quel regime (si ricordi il supporto dato da le badr o kataib, per esempio), prescindendo dalle sigle, che con il tempo passano, il problema rimangono le idee e le aspirazioni mai sopite in gruppi di nostalgici.
Questa crisi andrebbe poi a inserirsi nell’ambito della lenta riorganizzazione dello stato iracheno, dove vi cooperano anche forze italiane, per la formazione di quel comparto sicurezza, e il graduale allentarsi della presenza militare USA.
E l’Iran? Si potrebbe dire che l’aspirazione a essere un regista politico dell’area si assottiglia. Il regime degli ayatollah non è stato capace di tutelare la leadership di Hamas, ha ingaggiato “piano” Israele frontalmente, mentre Tel Aviv decimava la leadership di Hezbollah, proseguendo poi con il suo attacco da terra. Ancora, a livello Internazionale, l’arrivo di Trump non sposterebbe di una virgola il supporto anti Theran.
A livello territoriale anche il contatto Iran-Libano sarebbe molto più difficile, quindi la “presa” verso quel proxy sarebbe sicuramente allentata.
Il Ministero degli Esteri Iraniano chiede all’Ucraina di interrompere la fornitura di armi ai ribelli siriani. Potrebbe trattarsi di disinformazione ma anche no. L’Ucraina, nel corso del conflitto che la vede protagonista, ha allargato i suoi orizzonti per indebolire la Russia, lo si è visto questa estate con il supporto di intelligence dato ai tuareg nel Sahel contro le milizie russe.
Israele ammassa truppe e continua con le sue operazioni militari, tra Libano e Gaza, znche eliminando capi di Hezbollah che hanno servito in Siria.
La Turchia appalesa la propria vicinanza all’insorgenza siriana, augurandosi la presa di Damasco, ma teme gli elementi terroristici presenti in quella coalizione.
E Assad? In rete circolano voci di una sua fuga, se non imminente, già realizzata, suggerita anche dalla Giordania.
Durante la notte è caduta la città di Daraa, a sud di Damasco.
La Giordania ha chiuso il valico di Jabber Nassib.
Nel frattempo, dopo che le forze curde hanno preso il controllo di Deir Ez Zor, Albukamal, Al Mayadeen, parrebbe essere stata costituita una «Sala operativa militare per la conquista di Damasco» per coordinare i fronti nord e sud nell’attacco contro la capitale siriana.