Le elezioni “non si vincono sulla politica estera. È vero un po’ ovunque. Ma la crisi pandemica e la guerra in Ucraina mettono i governi di fronte a scelte di campo, espongono le contraddizioni delle forze politiche, amplificano l’attenzione degli elettori. Il dibattito sulle alleanze, sui rapporti di forza, sulle vulnerabilità assume quindi più rilievo politico. Anche in Paesi come il nostro, spesso poco consapevoli della dimensione esterna”. Lo scrive in un intervento su Repubblica Giampiero Massolo, diplomatico e presidente di FINCANTIERI e di Atlantia. L’interesse nazionale “non si esaurisce nell’opinione parziale di una maggioranza politica; esso è sempre il frutto, oggi più che mai, di un’opera di sintesi tra una pluralità di fattori e condizionamenti; la sintesi spetta ai governi, il giudizio ai Parlamenti e in ultima analisi ai cittadini elettori”. I contenuti della politica estera “non possono prescindere dal contesto generale. Esso è fatto ora e per il futuro prevedibile più di deterrenza che di collaborazione, con la Russia come con la Cina; di ricompattamento più deciso delle alleanze occidentali, corroborate da un’Ue da rafforzare; di spazi per iniziative e mediazioni autonome assai ridotti o nulli”. Serve “la disponibilità a compiere scelte spesso ispirate a logiche geopolitiche e valoriali più che alla semplice convenienza economica. Un chiaro schieramento dalla parte dell’Occidente è tra queste”. Lo sono, fra le altre, “scelte energetiche che ci sottraggano ai ricatti”. Vi è forse “motivo di riflettere se, pur a normativa vigente, non esistano istanze governative, ad esempio, il Comitato per la Sicurezza della Repubblica (Cisr), il cui ruolo, opportunamente valorizzato, già si presti a gestire crisi internazionali che abbiano rilievo diretto per la sicurezza nazionale”. La chiarezza delle scelte “fa la credibilità dell’Italia”, conclude.