Carabinieri, finisce l’era del manager e inizia quella del politico – L’editoriale
Cerimonia in pompa magna come non si vedeva da tempo. A Tor di Quinto c’erano tutti, o quasi, a tributare l’affetto ai due benemeriti. Strette di mano, selfie e sorrisi avvolti dai cappotti in una giornata di freddo e di passaggio di consegne. Dopo giorni di tira e molla l’atteso momento è arrivato e i militari e i sostenitori dell’Arma hanno conosciuto il nome del 62° comandante.
Clima disteso e toni confidenziali, pochi schemi militari e sintonie tipiche di un evento mondano capitolino.
Teo Luzi ha lasciato in eredità a Salvatore Luongo una macchina performante, meglio di quella che aveva trovato nel parcheggio di Viale Romania. Tre anni di rivoluzione interna per rendere una istituzione competitiva, veloce e facilmente modulabile ai cambiamenti. Un’azione bocconiana, tipica di chi ha la mentalità manageriale e sa come gestire fascicoli, uomini e capitolati.
L’Arma prima di Teo Luzi aveva vissuto un momento di forte stallo e a malapena vedeva la menzione nelle schede di gradimento e fiducia. Il lavoro di ristrutturazione è stato meticoloso, attento, chirurgico e a volte azzardato ma la combinazione di scelte ha portato a un risultato inatteso, il riposizionamento dell’infrastruttura sul podio più alto del Rapporto Eurispes.
Finita l’era del “manager Luzi” inizia quella del “politico Luongo”. Anni di palazzi, commissioni e relazioni internazionali hanno portato il Generale Salvatore Lungo ad acquisire una specializzazione che non si trova nelle accademie o sui libri ma si matura esclusivamente sul campo, tutti i giorni. La disciplina fondata sui principi umanistici, didattici e innati è quella della politica, politica intesa come dialogo, confronto, saggezza e apertura.
Il discorso di avvicendamento di Luongo ha racchiuso molti di questi aspetti ma ha riservato anche un lato più militaresco, pugnace e incisivo. Il neo comandante ha parlato di fermezza nei confronti di chi sbaglia, al fine di preservare un’istituzione fortemente amata dagli italiani. Poi, prima di ricevere gli attenti e un applauso, ha chiosato citando Seneca e quindi, adesso, analogamente farà questo editoriale con un pensiero del filosofo romano “non è la condizione della vita, ma la qualità della vita che conta” e questo, probabilmente, è l’impegno più importante da mantenere nei confronti di 110 mila donne e uomini in divisa che rappresentano il core business dell’Arma, come aveva ben inteso Luzi.
Buon lavoro e le migliori fortune per l’Istituzione a Salvatore Luongo e un meritato relax, temporaneo, a Teo Luzi.