“mancano prevenzione e leggi ad hoc. Lavoriamo alla confisca dei veicoli di chi partecipa. Servono strumenti investigativi più concreti” – si riferiva alle intercettazioni?
La ministra dell’Interno Luciana Lamorgese voleva una legge anti-Rave. In una lunga intervista che al Messaggero la responsabile del Viminale si difendeva dalle accuse di Salvini e Melonisu Viterbo e Torino e rilanciava. Puntando il dito su un presunto deficit di legislazione: «I rave party si sono sempre svolti. Solo nel 2018 ci sono stati almeno una cinquantina di raduni clandestini, dalla centrale di Montalto di Castro alla fabbrica ex Viberti di Nichelino. E come è stato osservato in più occasioni, le leggi in vigore non ci mettono in condizione di contrastare questi grandi rave illegali come avviene in altri Paesi d’Europa dove le norme sono più severe.
Sono consapevole del senso di preoccupazione che questo fenomeno determina nell’opinione pubblica, sia per i comportamenti illegali connessi all’abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti, sia per i riflessi sulla possibile diffusione dei contagi». Ma, continua la ministra, «non può certo essere ignorata la sentenza della Corte di Cassazione del 2017 incentrata sulla non punibilità degli organizzatori degli eventi non indetti nell’ambito di una attività imprenditoriale. I casi che si sono sinora verificati hanno riguardato raduni organizzati con un passaparola clandestino attraverso il web e soprattutto i social network, in particolare tramite canali privati e coperti come Telegram». Mancano prevenzione o leggi ad hoc? «Sono convinta che serva un intervento normativo per rafforzare il sistema di prevenzione e contrasto. Il ministero dell’Interno sta lavorando ad un’ipotesi di fattispecie criminosa che consenta di disporre la confisca obbligatoria dei veicoli e degli strumenti necessari per l’organizzazione dell’intrattenimento e che preveda l’obbligo del ripristino dei luoghi». Infine, «sul piano preventivo, potremmo introdurre la possibilità di ricorrere ad altri strumenti investigativi, come già avviene per diversi reati di particolare gravità. Tutto questo per allinearci alla legislazione degli altri Paesi europei, nei quali, evidentemente, oggi gli organizzatori dei rave party rischiano molto di più. Su queste ipotesi ci sarà un confronto con il ministero della Giustizia».
Insomma il PD di oggi è tutto il contrario del PD di ieri che, addirittura, voleva strumenti investigativi più accurati e quindi intercettazioni.