Tajani, lavoriamo per la pace in Ucraina per non rischiare una guerra mondiale.
“L’Italia sta dalla parte dell’Ucraina fin dal primo momento. Lo siamo dal punto di vista finanziario, economico in vista della ricostruzione, progettuale come testimonia l’accordo per Odessa, materiale e anche militare. Ma non siamo in guerra con la Russia. Non lo siamo mai stati”.
Così il ministro degli esteri Antonio Tajani mette in chiaro
“che da parte italiana non è previsto alcun intervento diretto dei nostri militari in quel conflitto, con carrarmati, aerei o uomini. Non se n’è mai parlato in ambito Nato e non capiamo perché oggi si debba evocare uno scenario del genere, che avrebbe conseguenze pericolosissime, anche una terza guerra mondiale”.
In una intervista al Corriere della Sera il responsabile della Farnesina parla in modo molto chiaro.
“Il nostro obiettivo è ottenere la pace, non allargare la guerra. Per questo aiutiamo l’Ucraina a resistere, per questo non resteranno soli, per arrivare ad una fine dell’ostilità senza che uno Stato abbia occupato l’altro. Ma non ha a che fare, lo scandisco, con un nostro intervento diretto”.
“Questa posizione è assolutamente condivisa da tutti, nessuno in ambito Nato ha mai parlato di intervento diretto, sappiamo bene quali conseguenze potrebbe avere un conflitto che rischierebbe di sfociare in nucleare. Dico di più, anche nella stessa Nato è stato deciso che l’Ucraina potrà entrare a far parte dopo la fine del conflitto, perché se l’ingresso fosse immediato saremmo costretti ad intervenire a difesa di un paese dell’alleanza attaccato”.
Riguardo le dichiarazioni di tutt’altro tono del presidente francese Macron, il ministro degli Esteri italiano ha affermato:
“non capisco, non so se a incidere sia la campagna elettorale, che influenza l’atteggiamento di tanti leader alla prova del voto. Magari vuole evidenziare le differenze con partiti filo russi come quello della Le Pen. Ma noi siamo su tutt’altra posizione”.
Leva obbligatoria e investimenti
“L’Italia non pensa nemmeno ad una nuova leva obbligatoria, assolutamente no. È vero che il nostro esercito ha un’età media piuttosto alta, ma certo non si risolve il problema con una leva cui nessuno mai pensato.
Quanto al 2% del Pil che dovrebbe essere versato come contributo alla Nato, va anche considerato quanto un paese spende per le tante missioni in cui è impegnato: noi lo siamo in Libano, in Mar Rosso con la missione Aspides difensiva ma strutturata, nei Balcani, in Africa, siamo su tanti fronti, questi sono costi che vanno considerati”.