Dalla violenza sugli animali a improbabili dinamiche da gruppo sui social. Si leggono sempre più spesso notizie che provocano sentimenti contrastanti. Sentimenti tendenti a estremizzarsi, passando dall’incredulità allo sgomento, quindi, dalla rabbia al dolore ma anche dal voyeurismo a improbabili “giochi di ruolo”.
Violenza, “veloce” overview
Ad Anagni un gruppo di ragazzi uccide a calci una capretta. A Bolzano un cucciolo di riccio viene utilizzato come fosse un pallone da calcio, mentre a Verona un coniglio viene ucciso “per gioco“, durante una festa in parrocchia. In Puglia, a Rodi Garganico, almeno 4 ragazzi si accaniscono contro un’anatra ferita, uccidendola a bastonate e rilanciandone il video tramite WhatsApp.
Ancora, non sono sicuramente migliori le notizie delle violenze perpetrate contro l’universo femminile, da Palermo a Caivano, continuando – anche con forbice di età differenti – con i tanti femminicidi che hanno insanguinato (…e continuano a farlo) la penisola.
La spirale di violenza fa da comune elemento a quanto accaduto anche la notte tra il 29 e il 30 settembre scorso, nel comune di Melzo (MI). Nell’occasione due carabinieri vengono aggrediti, nel corso di controlli nei confronti di alcuni ragazzi. Nel mentre alcuni giovani colpivano un militare, altri filmavano il tutto, condividendo la ressa ingenerata in diretta social.
Un’aggravante, in tutto quanto descritto, è possibile rinvenirla nel perpetuare di tali assurde nefandezze sul web, anche sublimando quegli effetti noti agli studi vittimologici, ingenerando preoccupanti effetti emulativi.
La liquidità delle dinamiche di gruppo
Le dinamiche dei gruppi sono sicuramente conosciute alla letteratura scientifica, spaziando dalla sociologia, alla criminologia fino all’antropologia culturale. Gli stessi sono fatti propri anche dal mondo processual-penalistico, e quindi come tali riconsiderate alla luce dell’essere aggravanti, o meno, rispetto a una violazione indagata. Finanche il raggiungere autonome manifestazioni delittuose.
In quest’ultimo caso il riferimento corre ai fenomeni associativi in senso stretto, quindi a realtà radicatesi nel tempo, caratterizzate da un disegno criminoso non occasionale.
Certamente, le azioni compiute da un gruppo possono comportare illeciti penali, e quindi, come tali, conseguentemente sanzionate.
Se l’elemento giurisdizionale riesce a ben incasellare la problematica, il punto di vista etico e morale, invece, non riesce ad apprezzare i gesti compiuti con la medesima fredda calcolatrice, facendo sì di ritornare ai sentimenti contrastanti già accennati: fino all’odio verso chi ha avuto l’efferatezza di realizzare determinati atti.
In primo luogo, gli episodi richiamati ripropongono un’accentuata mancanza di sensibilità, evidentemente, unitamente all’assenza di rispetto verso l’altro, perfino verso la stessa vita. E questo è assolutamente trasversale agli accadimenti succintamente ripresi.
Social, devianza e violenza
Dalle dinamiche sociali, che si instaurano concretamente, si passa – naturalmente – alle “piazze virtuali”, sempre più pervasive.
Provvedimenti specifici sono stati assunti dall’attuale esecutivo per contrastare la criminalità minorile. Dalle bozze del decreto, già circolanti nei giorni precedenti alla sua discussione in Consiglio dei Ministri, a quanto poi riportato nel conseguente punto stampa, si riferiva sull’adozione del Daspo Urbano e dell’avviso orale, da parte del Questore, anche per i minori di almeno anni 14.
Sull’effettività di tali misure, anche dopo la conversione, vi è l’indubbio aumento negli accessi di minori presso strutture giudiziarie.
Soluzioni?
Sgombrando subito il campo da eventuali dubbi: i social non debbono e non possono essere oggetto di demonizzazione a prescindere. Il problema è ovviamente di carattere educativo, mancando quest’ultimo elemento va da sé che lo strumento (l’intero mondo del web) possa essere la naturale prosecuzione delle azioni condotte nella “vita reale”.
Certamente gli effetti sono naturalmente amplificatori, e fortemente destruenti, in termini di reputazione ma anche di socialità per la vittima. Appare poco sensato scaricare la responsabilità al mondo dell’internet. Ciò denota un incedere facilone, effimero, superficiale, vuoto, e di contro anche violento e senza senso alcuno, anche da parte di quelle strutture che dovrebbero supportare la socialità dei ragazzi e la loro crescita; famiglia e scuola in primo luogo (con i dovuti distinguo, certamente).
Anzi, dovrebbe anche apparire “originale” che sia proprio Meta (Facebook, per intenderci) a indicare taluni consigli per migliorare l’approccio al mondo del web, per il resto ci si affida a un framework sovranazionale sempre più fitto, che, appunto interessa l’universo dei dati digitali.
Intanto non si può non evidenziare una mancanza di attenzione verso la tutela degli animali.
Paradossalmente si sta verificando una maggiore attenzione verso temi come la macellazione, il trattamento degli animali da riproduzione e da alimentazione, una spiccata (e doverosa) tendenza green, al punto da coinvolgere le istituzione europee.
Eppure i reati correlati al maltrattamento e uccisione di animali sono assolutamente poco deterrenti, al punto che, nel comune sentire sociale, sembra quasi che “normale” poter inveire – senza motivo o ragione – contro un animale, percuotendolo fino alla morte, come descritto per Anagni, Rodi Garganico, Bolzano o Verona.