25 Aprile, scrive Cristina Di Silvio*

Scorrono gli anniversari, le celebri date che affascinano storici e chi di storia non ne sa nulla. Tra poco sarà passato questo nuovo 25 aprile.

25 Aprile, festa della Liberazione

25 aprile altare patria

Essendo, in Italia, una festa nazionale molta gente festeggia il 25 aprile, altri sardonicamente si rammaricano fino quasi a indignarsi, altri ancora colgono la data per non recarsi al lavoro rigorosamente senza farsi domande; magari imprecando se la giornata non splende di sole dovendo rinunciare alla gita fuori porta primaverile.

Ma cosa festeggiano esattamente? Non mi soffermo sulla palude dei fatti storici, importanti e forse decisivi sì ma non essenziali a questa riflessione. Questa data ha assunto un significato simbolico, in fondo come tutte le ricorrenze celebrate dall’autorità o meno; e dunque cosa simboleggia? 

 Un grande filosofo del Novecento acutamente osservava che il simbolo è un richiamo a qualcosa, un richiamo ad altro e questo “altro” è costituito dalla sua appartenenza a una totalità di significati. Nella nauseante narrazione attuale ciascuno, in particolare le forze politiche, tende ad “appropriarsi” di questo significato richiamato per un mero interesse propagandistico, per un fine autoreferenziale come se si potesse discendere da quei fatti storici o da quei protagonisti in termini di eredità ideologica.

In sostanza ciascuno celebra la ricorrenza del 25 aprile per ciò che gli fa comodo e come sono bravi questi sofisti moderni, non hanno perso abilità e protervia nonostante i secoli passati. Tuttavia, non è possibile dissimulare un sentimento collettivo, un attaccamento intellettuale ma anche emotivo a questa data. E’ palese nonostante i tentativi di strumentalizzazione politica messe in atto da ogni parte tuttavia, dicevo, è tangibile un attaccamento popolare. Pier Paolo Pasolini, tanto grande quanto vituperato intellettuale del secolo scorso, sferzava la società di allora con invettive contro i “fascismi” e proprio in relazione a questi “fascismi” che la data del venticinque aprile ha il suo senso più condiviso e condivisibile.

Non certo solo contro il veterofascismo, come lo chiamava l’intellettuale dimenticato, ma contro tutte quelle forme di arroganza e violenza del potere che in quella data trovava l’agognata sconfitta per mano di quella parte del popolo che non aveva rinunciato ai suoi ideali di libertà, democrazia e pace. In questo scenario dicotomico che vede il popolo diviso – suo malgrado – in fazioni a favore o contro il nulla il politicante odierno ci sguazza e si compiace (e nel contempo fa affari per sé o per i suoi amici).

Esattamente a favore o contro il nulla poiché non c’è alcun richiamo di cui parlavo sopra, un simbolo svuotato ad arte con lo scopo di indurre a confliggere sul nulla, imperdonabile sarebbe promuovere una lettura critica, a un approfondimento delle ragioni che spinsero quella parte di popolo a resistere e a combattere per quelle libertà che oggi, purtroppo, sono in preoccupante declino. Il significato di questa data non partecipa soltanto all’abbattimento di quel regime storico, di quella dittatura ma è un anelito di opposizione netta e definitiva a ogni prepotenza, a qualsiasi protervia del potere.

Il riscatto di quelle che sarebbero state poi dichiarate libertà fondamentali di ogni essere umano. Quella data, il 25 aprile, simboleggia la volontà di resistere alle restrizioni della libertà, alla repressione del dissenso, alle disuguaglianze, alla guerra, agli stermini. Fu, e lo è ancora, un anelito di libertà, a favore dell’uguaglianza tra gli esseri umani, alla solidarietà, alla libertà di espressione, al diritto di vivere in pace, al diritto al lavoro, al rispetto reciproco. Stride amaramente vedere plutocrati che stringono mani insanguinate concionare dall’alto dei palchi allestiti per le celebrazioni.

*esperta diritto e relazioni internazionali