Interesse nazionale al centro, questo è il succo dell’intervista fatta sulla RAI da Marco Minniti sul caso Almazri.
Almasri, un poliedro da analizzare
Molte sono le sfaccettature che presenta il caso di Almasri, spaziando dall’interesse nazionale, all’esecuzione di un mandato di cattura, il tutto con ripercussioni sulla vita politica del paese, arrivando a tirare in ballo due Ministri della Repubblica, Giustizia e Interni, e la stessa Premier.
Se il punto di vista processual-penalistico viene ben reso dall’opinione di Cuno Tarfusser, indubbio conoscitore dei meccanismi della Corte Penale Internazionale, chi meglio di Marco Minniti può rendere l’altra parte della medaglia?
Minniti è presidente della fondazione Med-Or, protagonista della vita politica italiana, ha una “buona conoscenza” delle tematiche affini alla sicurezza: Ministro dell’interno negli anni 2016-2018, già vice Ministro dell’interno nel periodo 2006-2008, sottosegretario alla Difesa nel 2000, in varie occasione (1998, 1999, e dal 2013 al 2015) sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, anche con delega ai Servizi di Intelligence.
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Il Punto di Minniti a in 5 minuti, di Bruno Vespa: una lectio magistralis
Marco Minniti ricorda che la sicurezza nazionale è un bene supremo per il paese, è il punto più alto dell’interesse nazionale.
A Fronte di una parola che può apparire, almeno a primo achitto, fredda, la sicurezza nazionale si ricollega direttamente all’incolumità e alla vita dei cittadini, in Italia ma anche all’estero, anzi – sottolinea Minniti – un pezzo fondamentale della sicurezza nazionale si gioca proprio al di fuori dei confini nazionali.
Quindi, per proteggere le vite dei cittadini, il decisore politico può fare delle scelte che possono anche essere eticamente discutibili e che, tuttavia, si pongono l’obiettivo di salvare delle vite o comunque di prevenire attacchi nei confronti dell’Italia.
In questo contesto, quindi, è possibile collocabile l’affaire Almasri.
La Libia deve essere considerata per quello che in realtà è, un quadrante deciso su cui vertono tre direttrici: controllo dei flusso migratori; energia e lotta al terrorismo.
Minniti, sulla base di quanto fin ora detto, conclude:
“Guardando alla stabilità della Libia abbiamo fatto anche un interesse europeo, perché è del tutto evidente che l’Italia è il punto di congiunzione tra l’Africa, l’Africa settentrionale, e il complesso dell’intera Europa.”
Il punto, quindi la stabilità della Libia fa il paio con il contenimento della crisi energetica, specie durante il conflitto russo-ucraino, che per il contrasto al terrorismo di matrice religiosa, nelle more che Sirte, fino a pochi anni fà era occupata da ISIS.
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Il COPASIR: la Libia è uno stato fragile
L’analisi di Minniti viene suffragata, nel giro di pochi giorni, anche da una articolo de Il Messaggero, che pubblica le considerazioni espresse dal COPASIR sul particolare quadrante geografico.
Dall’incarto emerge che vi sono circa 700.000 migranti pronti a partire, uno Stato che non riesce a essere efficace nella lotta a al traffico di essere umani, droga e armi, dal Sahel, e sull’area incombe la mano russa.