Beirut in fiamme

Segnalati bombardamenti nel sud del Libano, durante tutta la notte, colpita a più riprese Beirut, centrata anche la principale sede di Hezbollah, in salvo – sembrerebbe – il leader, Hassan Nasrallah.

La capitale libanese, Beirut, è sempre più sotto pressione

Gli attacchi aerei sono continuati senza sosta stanotte in Libano, nella tarda serata era stato sferrato un attacco che aveva, presumibilmente, l’obiettivo di decapitare il vertice di Hezbollah.

beirut in fiamme 3 Difesa Magazine

Se non vi sono conferme sul decesso di Nasrallah (seppur non raggiungibile al momento) sembra che il cugino, Hashim Safi al Din, potrebbe essere stato ucciso oppure gravemente ferito, lo stesso è uno senior officer del gruppo armato ed elemento fidato del leader.

Migliaia le persone in strada e in fuga da Dahyeh, sobborgo sud di Beirut; spente le luci del vicino aeroporto internazionale, i cui cieli sono sorvolato dai jet militari di Tel Aviv.

I pesanti attacchi sono stati anticipati da inviti alla popolazione locale, da parte dell’esercito israeliano, di abbandonare l’area. Nella zona si sarebbe tenuto un vertice che avrebbe visto protagonista proprio Hassan Nasrallah, unitamente ad alti funzionari iraniani, almeno stando a fonti di intelligence citati dal portavoce dell’IDF, sito che ospitava anche deposito armi.

Beirut
Beirut
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Se venisse considerata l’evoluzione degli eventi, dal punto di vista militare e politico, delle ultime 72 h, tra Israele e Libano, si comprenderebbe il delinearsi di una trilogia di elementi: forza, velocità e non curanza.

Israele sta colpendo con forza le infrastrutture di Hezbollah, sicuramente ha aumentato la velocità delle proprie azioni, forse per preparare una nuova invasione da terra, evidenziando una congruenza tra dichiarazioni e azioni.

L’escalation si è avuta praticamente da subito, in particolare dopo l’aver colpito la dirigenza del gruppo armato libanese, con l’infiltrazione di Israele nel ciclo logistico di walkie talkie e cerca persone.

La non curanza, invece si riferisce ai “deliri” politici di Netanyahu, non si potrebbero definire in termini differenti la narrativa portata avanti dallo stesso durante l’intervento al palazzo di vetro delle Nazioni Unite. Il discorso del premier israeliano ha una sapiente dialettica volta a rassicurare l’uditorio nazionale (anche con richiami quasi biblici), affermare la volontà di Israele di proteggersi dall’Iran (anche in una fase in cui si riprendono negoziati sul nucleare) e il ricercare consenso e appoggio internazionale

Gli elementi che portano alla rapidità delle azioni, quindi, sono sia endogeni che esogeni.

Interni, la leadership di Netanyahu è altalenante: sicuramente in caduta libera al momento dell’attacco del 7 ottobre 2023, ora è realmente “solo contro tutti”, su molti fronti e i sondaggi lo danno in ripresa, ma non senza polemiche.

Dopo un anno di conflitto nella striscia di Gaza, gli ostaggi non sono stati recuperati, anzi, molti di essi sono periti (sia sotto le bombe che per fuoco amico), le azioni belliche poste in essere hanno destabilizzato ancora di più l’area con un riaffermarsi dell’asse Iran, Libano, Yemen, milizie sciite irachene e ora anche la Siria di Assad si palesa solidale con il Libano attaccato.

A questo si aggiunge: l’insicurezza interna, che comunque ha sempre caratterizzato Israele, per via di una mai definitiva linea di confine con il Libano e per i contrasti sempre più accesi nella Cisgiordania, quindi all’appannata figura da leader politico, sorretto, ora, da un governo di unità nazionale che, a parte l’aprire nuovi scenari di conflitto, non ha visione concreta verso una exit strategy, ulteriormente compressa dall’approssimarsi delle elezioni USA e dalla volontà di quest’ultima di essere sempre più propensa a una sorta di dottrina Monroe rivisitata, “allentando” la propria presenza su più tavoli, si pensi alla NATO.

Il movimento di Hezbollah è molto radicato, non solo a Beirut ma in tutto il Libano, e poco si conosce sulla sua struttura organizzativa e proiezione bellica, sicuramente dimostra assetti maggiori rispetto ad Hamas, al pari di una fitta rete di tunnel sotterranei e infrastrutture urbanizzate.

Intanto, il leader supremo dell’Iran, Ali Khamenei, riunisce un vertice in emergenza, si ricorda, ancora una volta, che Teheran non ha ancora “risposto” all’onta dello strike subito in danno del vertice di Hamas.

Apprensione per il Contingente Italiano, ancora non mutate le regole d’ingaggio.