Attaccata base USA in Iraq. Medio Oriente nel caos, l’ora della paura dopo un’escalation di tensioni. Cosa sta succedendo?

Dopo il doppio successo militare di Israele, contro Hamas ed Hezbollah, si teme il deflagrare di un conflitto regionale che possa coinvolgere tutti gli attori “dell’asse del male” contro il popolo ebreo, ma le variabili sono tante…

I presupposti per un conflitto? Ci sono tutti…

…e questo, chiaramente, è un fatto notorio, purtroppo. Basti pensare all’evacuazione di Beirut, all’attivazione dello scudo missilistico israeliano e, ora, all’attacco missilistico alla base USA di Al Asad (almeno 5 feriti).

Infatti, a stretto giro rispetto al doppio strike di Israele, in danno di Hezbollah, in Libano, e di Hamas, in Iran, è possibile leggere il timore di un escalation incontrollata anche nel susseguirsi di appelli a lasciare l’area da parte di vari paesi.

Lasciate il Libano” è l’invito, infatti, rivolto a propri connazionali, praticamente da subito, dopo i missili sulla comunità Drusa, nel Golan, dalle varie cancellerie occidentali, per il timore della rappresaglia di Israele in Libano, ma ora le variabili da considerare sono ben altre.

Israele è “tornata a essere Israele”, ossia quella precisa macchina da guerra che la storia ha fatto conoscere (si ricordano i successi militari e d’intelligence nei conflitti dei sei giorni, dello Yom Kippur, dell’operazione “collera di Dio“) e che l’invasione della striscia di Gaza aveva oggettivamente “appannato” (chiaramente questo è un voluto eufemismo, ndr.).

Israele, nel giro di poche settimane, rispetto al pogrom del 07 ottobre (vedi mappa interattiva del massacro), è riuscita a perdere l’appoggio della comunità internazionale (e delle piazze), a causa dei quasi 60.000 morti provocati durante il bombardamento della Striscia di Gaza e della successiva operazione di terra.

conflitto

I timori di un escalation: gli omicidi mirati

Il realizzarsi della paura che una de-escalation non si avrà nell’immediato è plasticamente resa da quanto accaduto subito dopo le uccisioni mirate di Ismail Haniyeh, a Theran, e di Fuad Shukr, a Beirut, anche considerando che nell’attentato a quest’ultimo ha perso la vita anche un consigliere militare iraniano, Milad Bedi.

Nei giorni successivi, come accennato, IDF (l’esercito israeliano), sempre con omicidi mirati, ha colpito il ministro dell’economia di Hamas, Abed Al-Zeriei, che ricopriva un ruolo significativo per l’arrivo di beni umanitari nella Striscia di Gaza e nella gestione dei mercati controllati dalla milizia islamica.

Ancora, questo è avvenuto parallelamente alla notizia del licenziamento di 9 dipendenti ONU, accusati di aver partecipato/favorito all’attacco contro Israele del 07 ottobre scorso.

Altra vittima eccellente è perita in un attacco aereo: sempre un comandante militare di Hamas, in Cisgiordania. Un raid mirato che ha interessato Sheikh Haitham Balidi, comandante di Tulkarem della Brigata Izzadin al-Qassam, ucciso all’interno di una vettura unitamente ad altri 4 individui.

Conflitto e contesto internazionale

L’acuirsi delle ostilità, e quindi lo sfondo in cui gli attacchi mirati si sono realizzati, si ritrovano in una fase di transito dell’establishment USA, storico alleato e garante di Israele, si ricorderà – infatti – come Netanyahu si trovasse in America al tempo dell’attacco di Hezbollah sul Golan. Questo significa che l’amministrazione Biden potrebbe fornire il sostegno necessario per accompagnare Israele verso una de-escaltion, ma con i tempi e modi che probabilmente saranno decisi dal gabinetto di guerra di Netanyahu.

L’Iran, a seguito della morte del presidente Raisi, in un incidente aereo dove è perito anche il Ministro degli esteri, sembrava volesse intraprendere un percorso di riforme, almeno sulla base delle dichiarazioni del neo-eletto Pezeshkian, che avrebbe aspirato a sollecitare la revoca delle sanzioni al suo paese.

L’evoluzione del conflitto israelo-palestinese, con l’omicidio del leader di Hamas, colpito nella foresteria dei Pasdaran, a Teheran, ha di fatto interrotto il colloquio di pace che vedeva protagonista lo stesso, in seno a un dialogo a 4 “allargato” (ndr.): USA, Israele, Egitto e Qatar. Allargato, si diceva, per vie delle ovvie influenzate esercitate dall’Iran e dalla Turchia, che, quest’ultima, nel frangente si è fatta promotrice di uno scambio di prigionieri (ben 24) tra Russia e Stati Uniti.

Certamente l’omicidio a Teheran irrigidisce la postura dell’Iran, che avrebbe aspirato a una leadership regionale, anche approfittando dalla “mitezza” del nuovo Presidente. Ovviamente il contraccolpo maggiore – comprensibile data l’ondata di arresti – è il non aver assicurato la sicurezza del leader di Hamas durante il suo passaggio iraniano, tra l’altro per rendere omaggio al nuovo presidente eletto, Pezeshkian.

Il prosieguo: l’Iran risponderà “duramente ma senza provocare un escalation“, riportano fonti diplomatiche ma si ignora il “come” e il “quando“, anche perché già ad aprile l’Iran aveva movimentato propri assetti bellici a seguito dell’attacco israeliano all’ambasciata di Teheran a Damasco.

Si registra la possibilità di un attacco combinato dell’Iran supportato dai propri alleati (Hezbollah, Hamas, Jihad, Houti).

Nel contempo, l’USCENTCOM (Comando Militare US per operazioni in centro Africa, medio oriente, e area asiatica) riferisce di aver distrutto, nelle ultime 24 h, tre droni nel Golfo di Aden, un quarto abbattuto nel Mar Rosso.  

conflitto

I contatti diplomatici…

Mentre Israele mantiene la massima allerta sul proprio territorio, i membri del governo hanno ricevuto telefoni satellitari e IDF ha approntato bunker per poter favorire la conduzione delle operazioni in sicurezza.

Intanto il Financial Times, nei giorni scorsi, riportava i colloqui intervenuti tra Enrique Mora, uno dei diplomatici senior dell’UE, con funzionari iraniani, mentre Brett McGurk, l’alto funzionario della Casa Bianca in Medio Oriente, ha tenuto discussioni in Arabia Saudita.

Il Ministro degli Esteri Italiano, Tajani, dal canto suo:

«Ho parlato con Ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti (UAE), lo Sceicco Abdulla Bin Zayed Al Nahyan. Lavoriamo in raccordo anche con gli Emirati per fermare la spirale violenza in Medio Oriente e portare stabilità e sicurezza nell’area. Ci siamo positivamente confrontati anche sulla Siria per avviare un dialogo anche su quel quadrante».

Si registra anche un comunicato dei paesi del G7:A nessun Paese giova un’ulteriore escalation in Medio Oriente“.

La Turchia, ha provveduto, nell’immediatezza dell’omicidio del leader di Hamas, a bloccare l’accesso a Instagram. La Svezia ha chiuso la sua ambasciata a Beirut.

Se da un lato la Russia appoggerà il riarmo Iraniano, d’altro canto gli USA stanno dispiegarsi forze nell’area a supporto di Israle. Si ricordera come, già ad aprile, in occasione di un primo scontro Israelo-Iraniano, USA, Gran Bretagna e Gioirdania avevano supportato la difesa israeliana.

attaccata base usa in iraq medio oriente nel caos lora della paura dopo unescalation di tensioni cosa sta succedendo 2 Difesa Magazine

Arabia Saudita, Australia, Francia, Canada, Gran Bretagna, Italia, USA, hanno invitato i propri concittadini a lasciare il Libano e Iran, quindi a non recarsi a Israele, nel mentre taluni vettori aerei dichiarano di aver annullati passaggi sull’area (ITA Airways; Air India; Wizz Air; ryanair; compagnie spagnole, tra le altre).