Oltre il silenzio: il ruolo decisivo di avvocati e forze dell’ordine nella tutela delle vittime della violenza sulle donne

Violenza di genere, codice rosso, femminicidio, oltraggio alle donne, oramai sono temi ampiamenti affrontati, sia a livello giornalistico – di cronaca, chiaramente – che in punta di diritto processual-penalistico, ma se ne parla approfonditamente?

Sicuramente si procede a spron battuto per ridurre gap lavorativi, ma la strada è ancora lunga.

Scrive Cristina Di Silvio*.

violenza sulle donne

Violenza contro le donne ed evoluzione sociale

Per decenni, il sistema giuridico italiano ha mostrato gravi carenze nella tutela delle donne vittime di violenza, riflettendo un impianto normativo e culturale intriso di stereotipi e discriminazioni. In un contesto in cui il diritto alla difesa dovrebbe rappresentare un pilastro irrinunciabile dello Stato di diritto, numerose donne si sono ritrovate prive di adeguata protezione, mentre la macchina giudiziaria finiva per rivittimizzarle piuttosto che tutelarle.

Fino agli anni Ottanta, l’ordinamento italiano conteneva disposizioni oggi inconcepibili, come il cosiddetto delitto d’onore – abrogato solo nel 1981 – che prevedeva attenuanti per chi uccideva una donna al fine di “riparare” un presunto disonore familiare. Ancora più drammatica la previsione del matrimonio riparatore, che consentiva allo stupratore di estinguere il reato sposando la vittima. Queste norme, espressione di una visione patriarcale della società, costituivano ostacoli strutturali all’affermazione del diritto delle donne alla giustizia.

In quegli anni, gli avvocati e le avvocate impegnati nella difesa delle vittime si trovavano a fronteggiare una doppia sfida: quella processuale, contro gli autori della violenza, e quella sistemica, contro un impianto giuridico e culturale che spesso colpevolizzava la vittima. “La parola di una donna, specie nei casi di violenza domestica o sessuale, era costantemente messa in discussione, se non addirittura ridicolizzata”, racconta una penalista con oltre trent’anni di esperienza in materia.

Negli ultimi decenni, grazie alla pressione dei movimenti femministi, all’impegno della società civile e al contributo determinante di giuristi, operatori del diritto e forze dell’ordine sensibili al fenomeno, si è assistito a un progressivo adeguamento legislativo. Tra le tappe fondamentali: l’abolizione del matrimonio riparatore (1981), la legge contro lo stalking (2009), il “Codice Rosso” (2019) e la ratifica della Convenzione di Istanbul (2013), che ha imposto agli Stati firmatari misure concrete di prevenzione, protezione e perseguimento della violenza di genere.

Il ruolo delle forze dell’ordine è diventato progressivamente centrale, soprattutto nell’attuazione delle misure urgenti previste dal “Codice Rosso”. La tempestività nell’accogliere le denunce, la capacità di cogliere i segnali di rischio, la formazione specifica degli operatori e la collaborazione con le procure e i centri antiviolenza sono oggi elementi determinanti nella tutela delle vittime. Tuttavia, non mancano criticità. Segnalazioni di minimizzazione, scarsa empatia o ritardi procedurali continuano a emergere, evidenziando la necessità di una formazione continua, obbligatoria e interdisciplinare per il personale di polizia giudiziaria.

“Ci sono ancora processi in cui si discute di come fosse vestita la vittima, se avesse bevuto o provocato”, denuncia una legale esperta in diritti umani. Elementi che dimostrano come la cultura patriarcale, anche nelle prime fasi dell’intervento, possa incidere sull’efficacia dell’intera filiera della giustizia. È qui che avvocati e forze dell’ordine si trovano spesso a operare in sinergia – o, in casi negativi, in contrasto – influenzando profondamente l’esito delle indagini e il destino delle persone coinvolte.

In questo scenario, il ruolo degli avvocati resta cruciale. La formazione specialistica, l’adozione di un linguaggio non discriminatorio, la capacità di instaurare un rapporto di fiducia con la vittima e di collaborare con le istituzioni competenti rappresentano strumenti imprescindibili per garantire un accesso effettivo alla giustizia. Il diritto alla difesa, infatti, non può limitarsi a un principio astratto: deve concretizzarsi in un percorso di tutela reale, capace di proteggere chi denuncia e di contrastare ogni forma di intimidazione, ritorsione o isolamento.

La dimensione del fenomeno, del resto, impone un’azione globale e coordinata. Secondo i dati delle Nazioni Unite, nel 2023 oltre 85.000 donne e ragazze sono state uccise intenzionalmente, con una media di 140 vittime al giorno. Di queste, circa il 60% è stata assassinata da partner o familiari, confermando che il contesto domestico continua a rappresentare uno degli ambienti più pericolosi. Il fenomeno dei femminicidi ha registrato i numeri più alti in Africa, seguita da Asia, Americhe e Oceania. Contestualmente, si è registrato un incremento del 50% nei casi di violenza sessuale legata ai conflitti, con situazioni critiche in Paesi come Afghanistan, Ucraina, Colombia e Iraq.

In Europa, una donna su tre ha subito almeno una volta nella vita violenza fisica o sessuale. In Italia, le richieste di aiuto sono aumentate del 57% nel solo 2024, mentre si contano 6.587 episodi di violenza sessuale, con il 91% delle vittime di sesso femminile.

Alla luce di questi dati, la lotta alla violenza di genere non può prescindere da una strategia integrata: rafforzamento normativo, investimenti nei servizi di supporto, maggiore responsabilità istituzionale, collaborazione interforze e, soprattutto, riconoscimento pieno del ruolo degli avvocati e delle forze dell’ordine come garanti della giustizia e della sicurezza per le vittime.

Come ha dichiarato António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, la violenza contro le donne è “una vergogna per l’umanità” e nessuna comunità può dirsi immune. Per questo, il diritto alla difesa sarà davvero universale solo quando anche le voci più vulnerabili potranno trovare, finalmente, ascolto, protezione e giustizia.

Cristina di Silvio, esperta rel. internazionale, board USFTI e SIRIP