Meglio di così non si poteva fare. Un lavoro di squadra sotto un solo coordinamento, quello del Comando Operativo di Vertice Interforze. Non si può dire lo stesso per altre nazioni tipo la Francia che ha subito attentati durante le operazioni di esfiltrazione. Diversi colpi a raffica hanno, infatti, colpito il convoglio del diplomatico di Parigi. Nessun problema per l’Italia che prima della fase operativa aveva avviato un dialogo con gli attori coinvolti, militari e paramilitari, assicurando un corridoio di sicurezza ai propri connazionali. Il dopo lo hanno fatto le nostre forze speciali seguendo le indicazioni degli 007 presenti nell’area.
“Dopo una giornata di trepidante attesa, tutti i nostri connazionali in Sudan che hanno chiesto di partire sono stati evacuati. Con loro ci sono anche cittadini stranieri. L’Italia non lascia nessuno indietro. Voglio ringraziare tutti coloro che hanno partecipato a questa operazione così difficile, in piena zona di combattimento. Il mio plauso va al ministro degli Esteri Antonio Tajani e all’Unità di crisi della Farnesina, al ministro della Difesa Guido Crosetto, al sottosegretario Alfredo Mantovano, al Capo di Stato Maggiore della Difesa Giuseppe Cavo Dragone, al comandante del Covi, il generale Francesco Paolo Figliuolo, al nostro ambasciatore in Sudan, Michele Tommasi, ai Servizi di Sicurezza. Voglio rinnovare anche in questa occasione il mio appello alla fine della guerra, all’apertura di un negoziato che conduca a un governo a trazione civile. Il Sudan ha bisogno di pace”.
Così il premier Giorgia Meloni ieri sera dopo la conclusione della prima fase dell’evacuazione di cittadini italiani dal Sudan, colpito in questi giorni da un violento conflitto armato, la cui pianificazione è stata seguita direttamente da Antonio Tajani in stretto contatto con la stessa Meloni e Guido Crosetto. Grazie ad un’operazione coordinata dall’Unità di Crisi del ministero degli Esteri, con assetti della Difesa e il supporto dell’intelligence, sono stati messi in sicurezza oltre 100 connazionali, fra cui il personale diplomatico. Con il volo di un C130 dell’Aeronautica militare e un secondo volo di un AM400 spagnolo sono stati trasferiti a Gibuti 105 cittadini italiani e 31 stranieri, fra cui cittadini portoghesi, australiani, greci, britannici, svedesi. Sin dalle prime notizie degli scontri, il 15 aprile, la Farnesina aveva attivato uno stretto coordinamento con la presidenza del Consiglio, il ministero della Difesa e le Agenzie di sicurezza per monitorare le situazione e valutare le opzioni a tutela dei cittadini italiani, che sono stati contattati individualmente dall’Unità di Crisi per verificare le loro condizioni. Alle prime ore di ieri i connazionali sono stati fatti convergere presso la residenza dell’ambasciatore d’Italia, Michele Tommasi. Questi ha coordinato l’organizzazione del convoglio che ha raggiunto l’aeroporto di Wadi Seyydna, situato a circa 30 km a nord della capitale Sudanese, unica via di uscita aerea essendo lo scalo internazionale di Khartoum inagibile perché danneggiato dai combattimenti.
In raccordo con altri Paesi europei e alleati, un ponte aereo internazionale ha permesso di raggiungere la base militare di Gibuti, dove i connazionali saranno ospitati. Il rimpatrio avrà luogo questa sera con volo dell’Aeronautica Militare.