Europa tra due fuochi

Disinformazione, politica USA e terrorismo, parlare solamente di due fuochi rischia di essere eufemismo puro, infatti c’è molto altro.

Dalla crisi Ucraina alle elezioni tedesche, fuochi e fuocherelli in UE

Sul tavolo vi sono dei fatti, concreti, poi le supposizioni, la narrativa e, in taluni casi, la reale incapacità di comprendere dei messaggi, di interligere, di andare oltre, alzando leggermente quell’asticella che permetta di creare collegamenti, di analizzare: di pensare, “semplicemente”.

I fatti: nel giro di 10 giorni in Europa si sono avuti 4 attacchi dalla matrice terroristica:

  1. 13 febbraio 2025, in Germania, a Monaco, modalità: auto contro la folla, 2 morti e 30 feriti, l’autore un afgano;
  2. 16 febbraio 2025, in Austria, a Villach, modalità: attacco con un coltello (che sarà quella più frequente), 1 morto e 5 feriti, autore era un siriano;
  3. 21 febbraio 2025, ancora in Germania, a Berlino, attacco al memoriale della Shoa, 1 ferito, l’autore un siriano;
  4. 22 febbraio 2025, Francia, a Mulhouse, 1 morto e 5 feriti dopo un’attacco con coltello perpetrato da un algerino, all’interno di un mercato.

Le considerazioni conseguenti sono quasi ovvie, si avverte sempre più la necessità di rivedere le politiche di immigrazione, con buona pace dei gruppi no borders, giacchè la matrice comune ai 4 episodi ripresi è appunto l’orientamento culturale, la storia di migrazione e la religiosità.

Gli attacchi, oramai, non necessitano nemmeno più di aver un avallo dalla sigla di riferimento, sia essa ISIS o Al Quaeda, bastevole è la storia dell’aggressore, che ora viene indottrinato attraverso tik tok.

In questo contesto, quindi, si inseriscono rimpatri più celeri, quando possibili, e progettualità come il protocollo Italia-Albania, aspettando che UE e Corti internazionali seguano.

europa tra due fuochi 1 Difesa Magazine

Nel frattempo, oramai che il rischio terrorismo si è palesato, i richiami di Draghi dovrebbero cogliere una sponda bipartisan e sovranazionale, occorre una politica più coesa, quantomeno su temi d’interesse generale.

Tra queste quella sulla sicurezza dell’UE.

Ben si inseriscono in questo contesto le richieste fatte da Trump all’Ucraina, sommate alla minaccia (velata ma palese) del disimpegno USA verso la NATO, che mette in discussione il ruolo stesso del patto atlantico; conta poco, allo stato, definirsi atlantisti (specie con portafoglio altrui).

Ancora, sull’Ucraina, le richieste USA appaiono semplicemente come un ricatto, al pari dell’aggressione russa, seppur su piani, naturalmente, differenti (economico vs militare). Il parallelo fatto, nei giorni scorsi, dal Presidente Mattarella, aveva e ha un senso: aggredire un paese, aggirare il diritto internazionale, anzi, piegarlo al proprio volere, è una modalità fascista e criminale di intendere la politica, una politica da bullo dove emerge solo la volontà di supremazia attraverso la forza.

Queste sono le caratteristiche tipiche di un regime diversamente democratico, non bisogna limitarsi alle etichette.

E non sono supposizioni, queste, seppur la disinformazione russa abbia attecchito in Italia al punto da consegnare un appello di 10.000 connazionali alla portavoce di Lavrov, contro le parole di Mattarella (la differenza è che in Russia avrebbero forse fatto la fine di Navalny).

La Convenzione sul diritto dei trattati (Vienna, 23 maggio 1969), all’art. 52, ricorda che ogni trattato siglato a seguito di uso della forza o minaccia è nullo. Il tentare di riscrivere la narrazione, con un Zelensky addirittura dittatore, appare veramente puerile, realmente una soluzione adottata per menti semplici dalla memoria scarsa. Basterebbe riprendere la risoluzione dall’Assemblea delle Nazioni Unite, A/Es-11/L1, del marzo 2022, dove 141 paesi hanno chiesto alla Russia di recedere dell’aggressione militare.

Forse basterebbe ricordare questo per placare la disinformazione sul tema. Forse.

Come poco serio sarebbe un accordo tra Russia e USA sulla Ucraina perché davvero ricorderebbe l’accordo Russo-Tedesco per la divisione della Polonia, certo il contesto è diverso, ma la spartizione di territori e depredazione delle risorse naturali è sussistente e appare davvero come una onta che rischia di minare la sicurezza del continente, innescando una precaria realtà multispettro (instabilità di quel paese, emigrazione, bolla occupazionale e inflazionistica, crollo di mercati).

Con l’incontro di Riad si ha quasi l’idea di un ritorno a un passato coloniale oppure, volendo posticipare il confronto, all’incontro di Yalta, un paradosso che ha dell’assurdo, come i rumors che avrebbero voluto un Zelensky pronto all’esilio in Francia, quando invece dice di essere pronto a dimettersi in cambio dell’adesione dell’Ucraina alla NATO.

Ecco quindi i due fuochi: una mancanza unitaria della UE in politica estera, quindi anche con lassenza di comune idea di difesa, che assenza di una politica migratoria, ideale appendice alla necessità di fare sistema per la sicurezza degli europei.