L’Ucraina sfonda, quindi invade la Russia, seppur per poche decine di chilometri (e probabilmente anche per pochi giorni). Attenzione, tante sono le domande che possono porsi, il problema sono le risposte da trovare. Da un lato i critici, immancabili, a dire il vero sulla prosecuzione del conflitto, dall’altro chi aspira a un cambio di passo e – paradossalmente – a un avvicinarsi al termine della guerra stessa, ma l’opinione pubblica continua a navigare tra “filo-ucraini” e “filo-russi”…
La “turbo geopolitica” dell’estate 2024 e l’Ucraina al contrattacco
Certo, “turbo geopolitica”, ossia l’estate dove gli input sulla materia non mancano e non bastava – evidentemente – già il solo essere, il 2024, l’anno delle “elezioni globali” (si tengono consultazioni in 80 paesi: nazionali, comunitarie – vds Europa – federali, vds. USA ) …ma tanti sono gli eventi che trascinano svariate novità a corollario di tensioni esistenti.
Esempi di questa geopolitica sempre più presente nelle cronache, possono essere: il fallito colpo di stato in Bolivia, il disastroso esisto delle elezioni in Venezuela, la campagna elettorale USA, con i colpi di scena dell’attentato a Trump e il cambio di passo di Biden, quindi l’escalation del conflitto a Gaza, e, in ultimo (forse) il Bangladesh e i suoi sussulti ma anche il Kenya e il (persistente) ritorno della paura del terrorismo salafita.
L’Ucraina sembrava quindi un argomento “messo da parte”, anche favorito dalle elezioni francesi, prima, e dalle olimpiadi subito dopo.
Invece no, il tema “Ucraina” – seppur lontano dai riflettori – è sempre stato presente, ripreso in seno ad anniversario NATO e, prim’ancora, per “l’irreale” conferenza di pace in Svizzera, ma anche al di fuori dal naturale teatro operativo di Kiev, che sarebbe quello europeo. Nel Sahel, infatti, facendo qui riferimento al supporto fornito dall’intelligence ucraina ai tuareg, nel Mali contro l’Africa corps Russa, che sostiene militarmente i potentati che si sono creati in quell’area, nell’ultimo lustro, dopo la cacciata francese (Mali, Burkina Faso e Niger).
Ucraina e il cambio di paradosso (forse)
La novità di quest’ultima settimana è stata la controffensiva Ucraina in Russia (ottimamente seguita da @estero24hnews).
Prescindendo dai titoli dei vari media, che vogliono i Russi attoniti e gli Ucraini vincenti, oppure il contrario, gli Ucraini disperati e quindi alla ricerca di aggirare la tenaglia Russa sulle zone già occupate, e quindi i militari di Mosca potrebbero apparire come degli astuti combattenti, che attirano le esigue forze avversarie, per poterle meglio annientare “in casa”; si comprenderà come argomentazioni di questo tipo siano fantasiose ed eccessivamente polarizzate, però ideali per sparute letture da spiaggia.
Diciamo che il cambio di passo, se mai ci sarà, potrebbe essere riconducibile solo a due elementi:
- fine del “diktak” che voleva le armi occidentali, fornite all’esercito ucraino, da non usarsi contro il territorio russo;
- sempre più persistente la formula combinata tipica di un nuovo conflitto (psyops & tech)
Sono tanti i testi che sono stati editi nell’ultimo biennio e che hanno come tema il conflitto russo-ucraino.
Per alcuni versi è anche normale, si ritorna a combattere sul suolo europeo dopo la parentesi della disgregazione Jugoslava, ma i tempi sono diversi, le armi sono differenti, e non solo.
Sicuramente lo strumento combinato è necessario.
In questo caso intendendo il connubio della disinformazione attraverso social (Telegram “vince a mani basse”), ideale volano per aumentare anche la pressione sull’avversario nonché fiaccare l’animo di chi combatte, mentre, per quanto concerne l’evoluzione tecnologica (e “spartana”, anche) è bastevole considerare l’apporto oggi fornito dai droni, elementi che potrebbero definirsi come uno strumento aeronautico “leggero”.
Un drone, infatti, ha costi esigui rispetto ad altro vettore, e in mancanza di una vera aeronautica (come nel caso dell’Ucraina), questo può infliggere perdite consistenti, non intese solo come uccisioni di nemici e materiali colpiti, ma anche come “ideale esca” per consumare le batterie avversarie (strategia già utilizzata dal Libano contro Iron Dome Israeliano)
I punti da affrontare, quindi, non sono la persistenza dell’Ucraina in territorio Russo, bensì il considerare l’inversione di paradigma: Putin che definisce l’azione Ucraina un atto di terrorismo, probabilmente dimenticando che l’operazione militare speciale, avviata nel febbraio 2022, avrebbe il medesimo significato nei confronti di Kiev.
Quindi l’attacco Ucraino può essere letto con una duplice lente, politica interna e politica esterna.
Nel primo caso, Zelenski ha la possibilità di parlare al proprio popolo con rinata baldanza, quindi può esercitare una pressione, fino a ora mai vista, contro l’invasore, e, attenzione, in prima persona, rivendicandola, non approfittando di possibile ingerenze terze.
In questo caso i riferimento si possono rinvenire nella morte della figlia di Dugin, politologo russo, oppure nella rivolta del gruppo Wagner, o ancora nella presenza di occasionali sabotatori.
Quindi si, la sortita Ucraina in Russia è già una vittoria, sicuramente della propaganda e altrettanto fiacca la baldanza interna russa. Dimostra anche che la nuova leadership militare ucraina può apportare delle novità (azione condotta unicamente da Ucraina) e che queste potrebbero rappresentare un quid plus davanti a una eventuale negoziazione di pace e soprattutto che il paradigma “dell’arma difensiva” deve rimanere solo appannaggio dei caschi blu dell’ONU, e non può essere imposta a un popolo invaso, specie da chi propone di aiutarlo.
Quest’ultimo pensiero è sempre stata all’origine del “freno” degli ucraini, alla base del timore di una possibile escalation, anche di natura nucleare (la Chiesa Ortodossa benedice le armi nucleari quale deterrenza), ma il timore, paventato a più riprese dalle cancellerie occidentali, ha prodotto – sostanzialmente – soltanto un maggior numero di morti, considerando che – come accaduto durante il primo conflitto mondiale – dopo una prima fase, la guerra è divenuta di logoramento e di trincea.
In conclusione, allo stato l’avanzata ucraina, ma parimenti quella russa, è frenata dalla mancanza di uomini, sicuramente non dalla tecnologia, basti pensare alle coscrizioni obbligatorie da ambo i lati, e alla riluttanza nel procedere ad arruolamenti volontari, questo implica l’impossibilità di disporre di un consistente numero di armati a presidio di territorio molto vasti. Motivo per cui, messe da parte (o comunque ridotto impiego in Africa) le forze della Wagner, le eccellenze si riducono alle milizie cecene, salvo impiego forze speciali.
Opzioni per il dopo attacco? Merce di scambio zona occupata per zona occupata? Isolare linee di comunicazioni e approvvigionamento russe? Arrivare a Kursk e minacciare la relativa centrale atomica (troppo profonda come incursione)?
Obiettivi non rilevati (come ricorda in un interessante post Riccardo Pennisi, Aspen Institute).
Si attende il prosieguo, anche considerando il contesto globale, con una leadership USA forse traballante, sicuramente di transizione, un Iran, sicuramente ottimo contatto Russia, che a breve potrebbe essere coinvolto in un conflitto regionale che la diplomazia internazionale sta tentando di arginare.