Conclusesi tra le polemiche le elezioni presidenziali in Venezuela. Maduro è il vincitore proclamato, con appena il 51%, dei voti a favore, e poco più dell’80% dei seggi scrutinati. Ma ora? Nella notte già 3 morti e una 50ina di feriti.
Reazioni al voto nel Venezuela
Le aspettative delle opposizioni sono state sicuramente mal riposte, i timori della comunità internazionale, purtroppo, no.
In effetti, come anticipato, il clima elettorale non era dei migliori, si pensi velocemente al contesto:
- chiusura delle frontiere del Venezuela;
- interdizione del suo spazio aereo;
- Impossibilità – per esponenti politici esteri – di assistere alle elezioni, su invito delle opposizioni;
- inabilitazione della leader dell’opposizione a candidarsi (poi anche vittima di un sabotaggio alla propria vettura, subito dopo che il capo della sua sicurezza era stato arrestato);
- impedimento, per altra candidata, di presentare le proprie credenziali online;
- Maduro stesso che rievoca un “bagno di sangue” nel momento in cui non avesse vinto.
Maria Corina Machado, leader dell’opposizione, segnalava dai propri social, una eccessiva elasticità nella chiusura/apertura dei seggi elettorali. Gli stessi avrebbero dovuto essere chiusi alle 18.00, permettendo l’avvio del conteggio delle schede, ma molti continuavano a essere inaccessibili “ai rappresentati di lista” (facendo un parallelo con elezioni italiane, ndr.).
Le reazione della comunità internazionale, quindi?
Si registrano, intanto, i primi endorsment alla riconferma dell’estabilishment del Venezuela: Bolivia, Russia e Cuba, almeno nell’immediato post elezioni; hanno poi fatto seguito Cina, Honduras, Nicaragua e Iran.
Unione Europea (dove è presente un gruppo di contatto ad hoc), USA e Italia, esprimono forti perplessità circa il risultato elettorale.
Le voci che chiedono una maggiore chiarezza, circa le modalità esecutive del voto, sono molto ampie, anche tra i leader sudamericani (specie tra chi ha una comunità di esuli venezuelana nutrita).
Il Presidente del Cile, Gabriel Boric, esige totale trasparenza nella verifica dei voti; la Ministra degli esteri Argentina, Diana Mondino, invita Maduro ad ammettere la sconfitta della sua formazione politica.
Ancora, il Presidente dell’Uruguay, Luis Lacalle Pou, non riconosce l’esito elettorale venezuelano, seguito da Perù, Costa Rica , El Salvador e Panama.
Il Governo Ecuadoriano ha richiesto una riunione di emergenza dell’Organizzazione degli Stati America (OAS) per discutere sui brogli Venezuelani, già in un recente passato OAS aveva espresso la sua preoccupazione circa l’andamento politico del Venezuela.
Intanto i sostenitori della Machado scendono in piazza, si segnalano blocchi stradali in tutto il paese (anche l’autostrada Panamericana), manifestazioni e tafferugli.
Le proteste diventano violente anche nella capitale, Caracas, dove la popolazione si frappone ai Colectivos (paramilitari), che aprono il fuoco sui manifestanti ad Antimano e Avenida di San Francisco (Stato di Zulia), e alle forze della Bolivarian National Guard of Venezuela.
Il livello dello scontro si sposta anche sul piano politico e giudiziario, quindi non solo “di piazza”.
Basti pensare come il partito di Maduro chiami alla piazza i propri sostenitori, per la difesa della libertà e per garantire il rispetto delle risultanze elettorali, mentre il Governo venezuelano espelle il personale diplomatico dei paesi che non hanno riconosciuto il voto.
Intanto il Procuratore Generale, Tarek William Saab, ha dichiarato che la piattaforma telematica del consiglio elettorale è stata oggetto di attacco informatico, proprio a ridosso della proclamazione di Maduro, e che indagini hanno portato a individuare la sede dell’attacco nella Macedonia del Nord, con il supposto input della leader dell’opposizione, Machado.