La balcanizzazione dei Balcani questa volta si spinge fino a Bratislava dove le ultime elezioni hanno decretato la vittoria del leader filorusso Robert Fico che, in più occasioni, ha dichiarato che intende porre fine al sostegno militare della Slovacchia all’Ucraina.
Nella sfida i liberal-progressisti sono stati staccati di oltre 6 punti mentre gli exit poll, completamente sbagliati, davano un testa a testa con leggero vantaggio degli europeisti di Peter Pellegrini.
Lo Smer ottiene oltre il 23%, i centristi arrivano solo al 18%. L’affluenza alle urne è stata quasi del 67,4%, la più alta dal 2002
Le tensioni in Kosovo e la calma apparente
Radio Cremlino “trasmette musiche balcaniche” attraverso i megafoni Bratislava ma anche di Belgrado. Se la Slovacchia andava conquistata, la Serbia è già una certezza per Putin e Serbia non vuol dire scambi commerciali o confronto e crescita ma solo ed esclusivamente, destabilizzazione dell’area balcanica attraverso le tensioni con Pristina.
È notizia di poche ore fa: la Serbia ha ritirato parte delle sue truppe dal confine con il Kosovo dopo le richieste degli Stati Uniti che hanno dichiarato che Belgrado potrebbe incorrere in misure punitive per quello che la Casa Bianca ha definito un accumulo “senza precedenti” di truppe e mezzi corazzati.
Lo riporta il Guardian, che cita una conferma ricevuta da parte di un funzionario del governo kosovaro, secondo cui, appunto, c’è stato un parziale ritiro serbo, con la rimozione delle truppe e delle attrezzature che erano state spostate in posizioni intorno al confine negli ultimi cinque giorni, lasciando dietro di sé una forza ancora significativa che è stabilmente basata nell’area.
Il presidente serbo, Aleksandar Vucic, poi, ha annunciato di aver ordinato il ritiro delle truppe. In una dichiarazione al Financial Times, ha affermato che qualsiasi azione militare sarebbe stata controproducente, aggiungendo: “La Serbia non vuole la guerra”.
Per Mosca il Nagorno Karabakh è un problema dell’Armenia
I rapporti tra Mosca e Yerevan sono sempre più incrinati. Crescono gli episodi di distacco tra i due paesi. L’ultimo, e forse più importante, è legato all’offensiva in corso da parte dell’Azerbaijan in Nagorno Karabakh rispetto alla quale Mosca ha dichiarato che non interverrà, facendo ricadere sul governo guidato da Nikol Pashinyan le responsabilità dell’abbandono del Nagorno Karabakh alla sua sorte.
In relazione a questa crisi le Nazioni Unite invieranno una missione nel Nagorno Karabakh, l’ex stato separatista che si trova in territorio azero, lo hanno annunciato il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric e il ministro degli Esteri azero Jeyhun Bayramov. Sarà la prima volta in 30 anni che una missione ONU accede alla regione.
La scorsa settimana l’esercito dell’Azerbaijan aveva attaccato militarmente il Nagorno Karabakh e costretto in soli due giorni le autorità locali alla resa.
Dujarric ha spiegato che l’obiettivo della missione sarà promuovere una valutazione della situazione e intercettare le necessità umanitarie dei civili che hanno deciso, almeno per ora, di rimanere nella regione, sia di quelle che la stanno abbandonando.
Sono, ad oggi, oltre 100 mila i civili di etnia armena che nel corso di questa settimana hanno abbandonato le proprie case nel Nagorno Karabakh per andare in Armenia.