Di Marta Allevato
L’Italia “è pronta a fare la sua parte per la stabilità” dei Balcani occidentali, una regione dove ha deciso di “tornare protagonista, non solo per la pace ma anche per la questione dei flussi migratori”. Con questo messaggio, i ministri degli Esteri e della Difesa Antonio Tajani e Guido Crosetto si sono presentati agli interlocutori serbi e kosovari in un’intensa missione che, in meno di 24 ore, li ha visti incontrare, prima a Belgrado e poi a Pristina, non solo gli omologhi locali ma anche i vertici di Stato e governo: dal presidente Aleksandar Vucic, al primo ministro Albin Kurti.
Nella prima missione congiunta Esteri-Difesa del governo Meloni, la scelta dei Balcani occidentali vuole indicare la centralità di questo quadrante per Roma, in un momento in cui torna a salire la tensione al confine tra Serbia e Kosovo per la questione delle targhe, un dossier su cui non si ferma anche il lavoro di mediazione dell’Unione europea.
Vucic e Kurti erano stati convocati a Bruxelles ieri, poche ore prima della scadenza dell’ultimatum dato da Pristina per l’introduzione di multe per i possessori di targhe serbe sul suo territorio, un incontro dell’ultimo minuto per trovare una soluzione.
La crisi si trascina da quando il Kosovo ha dichiarato la sua indipendenza nel 2008, un passo mai riconosciuto dal governo serbo, ma che sta vivendo un nuovo capitolo da quando Pristina ha imposto la reimmatricolazione dei veicoli con targhe emesse dalla Serbia.
I colloqui di ieri – che hanno visto Vucic più aperto a un compromesso che non Kurti – sono falliti. “Di fronte all’Italia, entrambi i Paesi si sono detti pronti a non rompere, ma a fare passi in avanti e questo mi fa ben sperare”, ha dichiarato Tajani al termine della giornata dopo il suo bilaterale con l’omologa di Pristina, Donika Gervalla, la quale ha pero’ rilanciato gli allarmi del Kosovo per “i tentativi di destabilizzazione effettuati della Serbia, con minacce di guerra”.
I timori che la Russia di Putin, alleata storica di Belgrado, soffi sulla crisi esistono ma Crosetto si è detto certo che Belgrado “non si farà strumentalizzare”. “Più Europa c’è nei Balcani e meno presenza ci sarà degli altri”, ha tenuto a sottolineare Tajani.
Tutt’altro che una mera questione formale, la crisi delle targhe ha riflessi diretti sul dossier dell’integrazione europea dei Balcani, di cui l’Italia è grande sostenitrice. “Il clima a Nord è peggiorato nelle ultime settimane, l’Italia e’ disponibile a cercare insieme una soluzione a un problema che impedisce lo sviluppo, per il Kosovo, per la Serbia, di reciproco rispetto e soddisfazione”, ha detto Crosetto, dopo l’incontro con il suo omologo kosovaro, Armend Mehaj.
“Se l’obiettivo di tutti e due i Paesi è quello di entrare nella grande famiglia dell’Europa, in una famiglia bisogna saper convivere e, quando due membri di una famiglia futura non vanno d’accordo, la responsabilità degli altri è di farli sedere a un tavolo”.
“Vogliamo più Italia ai nostri confini“, è stato l’appello del primo ministro del Kosovo, Albin Kurti. Oltre al rilancio della cooperazione economica con entrambi i Paesi, a cui i due ministri hanno proposto l’organizzazione di business forum nelle rispettive capitali, l’Italia mira a “un possibile incontro multilaterale di rappresentanti di governi di tutti i Balcani che potrebbe svolgersi a Roma”, ha annunciato Tajani.
“Vogliamo riprendere un ruolo strategico nella regione, fondamentale per normalizzare l’attuale situazione e aver un un ruolo anche sulla questuino dei flussi migratori lungo la rotta balcanica”, hanno concordato Tajani e Crosetto parlando in conferenza stampa all’ambasciata italiana di Belgrado, dopo i colloqui della delegazione italiana con Vucic da cui è stata rilevata una “grade volontà di collaborare” anche su quest’ultimo dossier.
“Abbiamo deciso di portare a livello politico lo stesso peso che abbiamo qui dal punto di vista militare“, ha aggiunto Crosetto lodando il lavoro dei militari italiani nell’ambito della missione Nato Kfor di cui il nostro Paese ha assunto il comando. Una presenza, il cui “potente contributo” e’ stato riconosciuto non solo a Belgrado ma anche a Pristina dalla ministro degli Esteri, Donika Gervalla.