Da stanotte Lee Finnegan Elder e Gabriel Natale Hjorth possono sperare sperare. Si, loro possono, Mario non più.
La Cassazione ha riconosciuto nei loro confronti che la sentenza di condanna per l’omicidio del vicebrigadiere del carabiniere Mario Cerciello Rega non funzionava, non potevano diventare definitive le pene a 24 anni per Elder e 22 per Hjorth. Un nuovo processo d’appello dovrà rivalutare il processo e riscrivere in buona parte la storia di quel delitto consumato nelle strade del quartiere Prati, a pochi metri dal palazzo della Suprema Corte dove in meno di 5 ore di camera di consiglio è stato stravolto tutto.
In favore dei due ragazzi americani i giudici hanno accolto nella sostanza tutto quanto era stato prospettato dai difensori nel corso degli interventi in aula. Annullata la sentenza per Hjorth in relazione alla stessa contestazione di concorso in omicidio. Perché ci sono diverse recenti sentenze che ridisegnano la fattispecie contestata e la condotta dello stesso Hjorth non è poi così sovrapponibile a un comportamento in cui si condivide tutta l’azione posta in essere da Elder.
Le 11 coltellate inferte al carabiniere in borghese non spiegano tutto. Così come uno scontro durato tra 15 e 22 secondi, che vede da una parte i due giovani statunitensi e dall’altra Cerciello ed il collega Andrea Varriale. Gli ermellini oggi hanno stabilito che per Elder vanno rivalutate le aggravanti contestate e anche la resistenza a pubblico ufficiale. Insomma i giudici di merito dovranno chiarire, mettere un punto, se i due militari si sono qualificati, dicendo ‘carabinieri’ e mostrando il tesserino. Oppure hanno provato a portare a termine l’intervento con la leggerezza di chi indossa maglietta e bermuda, ed è disarmato. Con la voglia forse di risolvere un contenzioso da strada, foriero di un verbale, una contravvenzione o poco più. E giammai immagina il disastro che è venuto poi. Con Cerciello riverso sull’asfalto e Varriale incapace di spiegare chi li avesse aggrediti e perché. Per le difese è una vittoria su tutta la linea. Ed anche se trattengono l’emozione e la soddisfazione gli avvocati spiegano che “finalmente è stato dato ascolto ad argomentazioni che sin dall’inizio della vicenda sono state affermate”.
La vedova di Cerciello, la signora Rosa Maria Esilio, accompagnata da amici e dai familiari, ha avuto per tutta l’udienza in Cassazione la foto del marito stretta tra le mani. Rifiuta qualsiasi commento e lascia il Palazzaccio attorniata da alcuni commilitoni del marito e da altri militari dell’Arma.
È difficile spiegare il significato del verdetto in cui il presidente scandisce le parole ‘annulla’ e ‘rigetta’ senza poi aggiungere molto altro. “Vanno liberi?”, chiede uno. E’ una prospettiva quella dell’uscita dal carcere di Elder e Hjorth che certamente sarà vagliata dai difensori. “Dopo il deposito delle motivazioni della sentenza di oggi – si spiega – vedremo quali passi compiere”. Di sicuro la vita per i due imputati ricomincia. Hjorth, in carcere a Velletri, si è da tempo iscritto all’università. Studia lingue. Elder ha in animo di iscriversi ad un corso di Economia. Detenuto a Rebibbia partecipa a diversi laboratori ed ha da tempo avviato un percorso di recupero.
Vivono, stanno bene. Mario, invece, stanotte, con questa sentenza, è tornato alla stessa sofferenza di quella notte che lo ha strappato alla vita.