Riceviamo e pubblichiamo la nota ASPMI a firma dei delegati Francesco Gentile Leonardo Mangiulli
“Otto ore di lavoro, otto ore di svago, otto ore per dormire”.
Da questo slogan si gettarono le basi in Australia, nel 1855, per le prime rivendicazioni generali e per cercare un giorno in cui tutti i lavoratori potessero incontrarsi per esercitare una forma di protesta tesa a riconoscere la propria autonomia e indipendenza.
La festa divenne ufficiale in Europa nel 1889 e venne introdotta in Italia solo due anni dopo. Sospesa durante il regime fascista, fu istituzionalizzata successivamente alla caduta del regime, nel 1946, come Festività Nazionale della nostra Repubblica che i Padri Costituenti hanno voluto che fosse “fondata sul lavoro”.
E ogni anno i lavoratori dovrebbero rendere questo giorno di riposo un momento di riflessione sulle loro necessità e sul loro status sociale.
Ci sono lavoratori che non solo svolgono la propria professione il primo maggio, ma anche a Natale, Capodanno, Epifania, Ferragosto e in tutte le feste “comandate” per garantire la tutela e la salvaguardia delle libere Istituzioni e tener fede al giuramento prestato. Queste sono le Forze Armate, insieme ad altri lavoratori, come ha ribadito la Premier Giorgia Meloni in queste ore alle principali Agenzie di Stampa.
Ma il nostro Presidente, si dimentica, di fatto, di ascoltare la voce di chi tutela il personale militare convocando la “triplice”, pur senza una bozza di Decreto, scordandosi di chi oggi rappresenta il personale senza poter affiancarsi ai “tre colossi sindacali” per forza di una Legge che ne limita la vicinanza e addirittura il confronto.
O il Premier Meloni fa finta di non sapere oppure dà per scontato che le Forze Armate “ci siano sempre” e che sia inutile ascoltare le loro rivendicazioni.
La Premier convoca il Consiglio dei Ministri il Primo Maggio per l’approvazione del Decreto Lavoro e questa Sigla Sindacale considera tale gesto un segnale di attenzione verso i lavoratori, oltre ad incassare una prima apertura sulle nuove misure fiscali, da parte della “triplice”, con il taglio del cuneo fiscale e contributivo che aumenterà di quattro punti, arrivando fino a sette punti per chi guadagna fino a 25mila euro, al tetto per la detassazione dei Fringe Benefit dei lavoratori dipendenti con figli a carico, che sale a 3.000 euro. Questo si aggiunge al primo segnale dato con la Legge di bilancio, che ha mantenuto i due punti di taglio già decisi dal precedente governo per i salari sotto i 35.000 euro aggiungendo un ulteriore punto.
“Un bel modo di celebrare il Primo Maggio” ha detto la Premier.
Concordiamo, qualora quanto pattuito diventi Legge.
Tuttavia, pur avendo approvato in Legge di bilancio 2023 una misura “quasi offensiva” nei riguardi dei lavoratori del pubblico impiego pari all’ 1,5% dello stipendio tabellare in godimento, considerando un tasso di inflazione del 10%, denominata “una tantum”, una misura accessoria intenta a colmare gli effetti dell’inflazione e che utilizza i fondi destinati al rinnovo contrattuale 2022-2024, a distanza di quattro mesi, a causa della mancanza di un “banalissimo” Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, utile a poter spacchettare le risorse, tutti i dipendenti del Pubblico Impiego non hanno percepito un euro. Se questo significa mantenere le promesse, e in questo caso i soldi sono nel cassetto, non ci meraviglieremmo se gli accordi stipulati in questo giorno di festività nazionale si tramutassero in misure che vedremmo attuate, non nell’imminente, ma tra molto tempo, influenzando negativamente le forme di tutela collettiva, giuridica ed economica dei tavoli dei rinnovi contrattuali.
Buon Primo Maggio!