Una storia tutta nuova e un percorso irto di difficoltà. E’ la cronaca dei nascenti sindacati militari che portano una novità assoluta nel panorama della Difesa italiana. Un passo importante di riconoscimento è avvenuto con l’incontro di maggio scorso al Casd, voluto dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, con le sigle rappresentative. Un segno tangibile, forse il primo, dopo la legge del 28 aprile 2022. Notizia di questi giorni è anche il riconoscimento della libertà sindacale nell’Ordinamento militare.
Piccoli, numerosi passi anche se, sul campo, i sindacati hanno iniziato da tempo a lavorare. Li abbiamo visti operativi durante l’obbligo vaccinale Covid e i ricorsi in tribunale dei soldati lasciati a casa senza stipendio, ma anche sulla questione dei ricongiungimenti familiari, del contratto di lavoro. Sindacati con un perimetro d’azione ben diverso da quelli del mondo civile, in parte limitato per le ovvie ragioni legate allo status dei militari che giurano di dare la vita per la Patria e la sicurezza del Paese, ma che non per questo avrebbero poco potere, ad esempio in ambito contrattuale e, tanto per cominciare, sugli stipendi. LA NOVITA‘ – L’agenzia Dire, che su questa nascente realtà ha accesso una luce sin dagli esordi, ha fatto il punto delle principali sfide del Sindacato Unico dei Militari, un’organizzazione interforze che rappresenta il personale di tutte le Forze Armate. Luana Schepis, graduata dell’Esercito e vice segretaria del Sum, con una lunga esperienza sul campo alle spalle, ha presentato le questioni urgenti su cui il sindacato è al lavoro. “La questione alloggiativa del personale e quindi l’assegnazione- ha spiegato- per noi deve avvenire a partire dalle fasce economicamente più deboli della Forza Armata che hanno difficoltà a pagare un mutuo o un affitto. C’è poi il tema del contratto scaduto il 31 dicembre 2021, l’una tantum non è una soluzione- ha ribadito Schepis- e serve uno sforzo per trovare le risorse per i tavoli di contrattazione”.
Altro punto urgente la riforma previdenziale: “Il sistema contributivo della pensione” non tutela adeguatamente il militare finita la vita lavorativa, “è necessario avviare una riforma e procedere con un ricalcolo pensionistico anche in virtù della specificità del lavoro militare che va considerato come usurante”. UNA LEADERSHIP AL FEMMINILE? Luana Schepis, e forse anche in questo c’è una specificità legata alla leadership e alla cura femminile, ha sottolineato più volte quanto al Sum sia caro “il tema della genitorialità e della disabilità: non dobbiamo dimenticare- ha detto- che dietro le divise ci sono padri, madri e persone che magari assistono familiari disabili”. Un tema cruciale per l’organizzazione. “Chi sceglie di fare sindacato è propenso ad aiutare gli altri” ed è questo spirito a guidare tutta la storia anche di studio e formazione di Luana Schepis. “Nessuno va lasciato indietro. La mia strada nel sindacato è iniziata nel 2018; non ci si improvvisa, serve studio, formazione ed esperienza e anche ora il ruolo nel Sum mi sta permettendo di crescere”. “E’ il tempo delle donne e degli uomini che vogliono fare bene” si è un po’ schernita Luana Schepis rispetto all’eventualità che il prossimo congresso del sindacato la elegga segretaria generale, visto che è un po’ ovunque il tempo delle donne e sarebbe infatti la prima alla guida di un sindacato militare. Di sicuro “non trovo ostacoli” ha detto in prima battuta, ribadendo, come le sta a cuore, che è la preparazione a fare sempre la differenza.
IL NUOVO SPAVENTA, LA DIFFERENZA LA FA IL CORAGGIO – Ed ecco il messaggio che ha lanciato ai militari: “Il nuovo spaventa sempre, la differenza la fa il coraggio. Il Sum è un sindacato che non vuole essere uno contro tutti, ma auspica un clima aperto e di confronto. Deve essere visto come un’ opportunità, una tutela dei diritti del lavoratore sotto il profilo economico e normativo. Tutti diano adesione”, il suo appello. LA DIFFERENZA CON I SINDACATI CIVILI – “È vero che ci sono materie in cui non possiamo operare e sono sancite dalla legge: la disciplina, l’impiego, la logistica, il non avere diritto di sciopero o il manifestare in divisa. Ma ci è stato riconosciuto il grande potere che è quello contrattuale che ci consente di poterci sedere a quei tavoli e andare a contrattare lo stipendio e il profilo delle norme. Nessuno si deve sentire obbligato- ha concluso- ma è un dovere morale nei confronti di coloro che hanno combattuto per questo traguardo che non è importante per la singola Forza Armata, ma per l’Italia intera. Ci sono Paesi dove non è cosi scontato e i nostri militari questo lo sanno bene”.