Da AGI
Da sempre i vertici con i Grandi della terra sono un incubo di logistica e di sicurezza. Ogni volta le sfide che presentano sono enormi, soprattutto perché rappresentano un obiettivo di alto valore simbolico per qualunque terrorista sia alla ricerca della massima eco possibile. Il G7 che si svolgerà a Borgo Ignazia, in Puglia, nei giorni fra il 13 e il 15 giugno è un evento non solo da un punto di vista geopolitico, ma anche per quanto riguarda l’imponenza del dispositivo di sicurezza messo in piedi.
“La mente va subito al G20 che Roma ospitò nel 2021” dice Carlo Biffani, esperto di antiterrorismo, “ma non si può non partire da una considerazione: il mondo è profondamente cambiato in soli tre anni e a una consistente minaccia di matrice terroristico-jihadista, si sono sommati conflitti regionali e situazioni che hanno amplificato la possibilità che qualcosa possa accadere in termini di attacchi o di azioni dimostrative, anche a basso impatto”.
Certo la scelta di un luogo come Borgo Ignazia segna già una profonda differenza rispetto a una metropoli complessa come Roma. “Una cosa è muoversi all’interno di una metropoli e un altra è doverlo fare con tragitti molto più brevi e circoscritti in un area precisa e delimitata” riconosce Biffani, “i capi di Stato e di governo sono sempre protetti quando in visita in altri Paesi da un dispositivo misto, ovvero composto da forze di sicurezza del Paese di provenienza e da forze fornite dal Paese ospitante. E sono queste ultime che, per motivi di territorialità, di rispetto e di opportunità, si fanno carico della pianificazione e della protezione ravvicinata”.
Ma non è stato sempre così: in occasione dei funerali della Regina Elisabetta II le forze di sicurezza inglesi decisero di farsi carico della protezione diretta di tutti gli ospiti tranne che per pochissime delegazioni. “In linea generale, nelle fasi statiche, la dottrina prevede dispositivi organizzati e disposti secondo il principio dei cerchi concentrici” spiega Biffani, “e stabilisce che il cosiddetto ‘primo cerchio’ ovvero quello che si occupa della sicurezza fisica della personalità e che è a contatto diretto con essa, sia composto dal personale operativo fornito dal Paese che ospita l’evento. Nel primo anello agiscono e lavorano operatori provenienti dal Nocs (nucleo operativo centrale sicurezza) della Polizia e del Gis (gruppo di intervento speciale) dei Carabinieri”.
“Si tratta di reparti e di unità particolarmente addestrate sotto moltissimi aspetti con esperienze maturate in decenni di operazioni e di attività tattiche tanto sul territorio nazionale, quanto fuori dai nostri confini” aggiunge Biffani, “spesso in aree a media e alta conflittualità”. Si tratta, nel caso del Nocs “di una unità tattica ad altissima specializzazione, mentre il Gis è inserito nel Gruppo delle unità Tier 1, l’elite delle forze speciali militari coordinate dal comando interforze per le operazioni delle forze speciali, insieme ad altri tre reparti, ovvero il nono reggimento d’assalto Col Moschin, il gruppo operativo incursori della marina militare, e il diciassettesimo stormo incursori della aeronautica militare”.
Oltre alle peculiarità che riguardano la protezione degli ospiti questi uomini sono anche “particolarmente addestrati per quanto attiene alle attività di contro-terrorismo, ossia le attività di contrasto tattico in caso di attacco”. Esistono poi casi di collaborazione tra i reparti italiani e quelli stranieri. “Solo per fare un esempio, il Secret Service americano che ha in cura la sicurezza del presidente collabora da anni con il Nocs della Polizia di Stato, mentre il servizio di sicurezza del presidente francese si avvale da lungo tempo del supporto del Gis dei carabinieri” dice Biffani. Un altro aspetto riguarda gli spostamenti.
“Se vi è capitato di veder transitare un dispositivo impegnato nel trasferimento di un ospite di questo rango, avrete potuto fare caso alla lunghissima processione di mezzi di ogni genere e tipo inclusa la “Jammer car” ovvero l’autovettura carica di antenne, sulla quale sono posizionati i sistemi elettronici necessari ad abbattere segnali trasmessi da strumenti utilizzabili per far esplodere ordigni” spiega ancora Biffani, “si tratta di limousine, autovetture e suv dotate di protezioni capaci di proteggere i passeggeri non solo da colpi d’arma da fuoco, ma anche di resistere all’esplosione di ordigni. In coda si può notare un suv con il portellone posteriore aperto dal quale sbuca una mitragliatrice leggera.
L’uomo che la brandisce fa parte del cosiddetto cat (counter assault team) ovvero la squadra che in caso di attacco al convoglio avrebbe il compito di ingaggiare e neutralizzare la minaccia e proteggere il convoglio da dietro, mentre gli altri si occuperebbero di difendere e portare in salvo il vip”.